Marte cieco spoglia Venere incatenata 

Tra cambi di poltrone e una situazione socio-politica complessa, il tema della femminilità nella moda viene esasperato e ridotto a un mero esercizio di stile

Il termine femmina deriva dal latino “femina” che, guarda caso, presenta la stessa radice di “fecundus”. Un essere vivente che sia di sesso femminile o che ci si identifichi è per principio ricollegato alla riproduzione e alla nascita, quindi alla vita. Essere donna non è mai stata una cosa semplice e la domanda sorge spontanea: perché? 

Per ragioni storiche, religiose, politiche, culturali, sociali il femminile e tutte le sue sfumature sono state frullate, inghiottite e risputate nell’imponente storia dell’essere umano. Uniche e sublimi, dalla costola del uomo padrone, fino alla decima moglie, alla casalinga devota dalla vita stretta. Nella Swinging Era con la gonna corta e le gambe lunghe, fino alla libertà delle hippie floreali e il ritorno al glamour patinato degli eccessivi Ottanta, a quei corpi fragili heroin chic e alla pancia piattissima firmata Y2K. C’è il sospetto di essersi persi qualcosa, anzi sicuramente abbiamo perso qualcosa. La perdita è un sentimento inevitabile davanti al panorama attuale che di cause perse probabilmente ne sa qualcosa. Protagonista di un notevole numero di femminicidi, innumerevoli episodi di molestie sessuali, verbali, non verbali, fisiche e persino online non lascia alcun dubbio sul problema che stiamo vivendo. 

Mary Quant And The Swinging ’60.

Le battaglie contro gli stereotipi di genere sono state portate avanti per anni. Ricordiamo la quarta ondata del movimento femminista MeToo che nel 2017 ha mosso migliaia di donne e uomini contro un nemico comune. Ma oggi il conservatorismo, l’ignoranza e il desiderio di potere rendono l’ambiente amaro e il dibattito polveroso e inconsistente. 

La creatività e l’arte sono state spesso terreno fertile per la crescita e l’esplorazione, un giardino dell’Eden della libertà di espressione e del senso di community. Basti pensare alla Factory di Warhol, allo studio 54 che tra la 7ª e l’8ª Avenue di Midtown Manhattan ha fatto storia, ma anche all’incredibile svolta della comunità LGBTQ+ con le sue ballroom. Tutto questo esagerato, rappresentato e reso iconico dalla moda che della diversità ne ha fatto miccia creativa. 

L’alienazione come via di fuga dalla realtà

Ultimamente nel settore moda l’unica fiamma accesa in tal senso è quella del mercato che dei frutti golosi della creatività ne ha risucchiato quasi tutto il succo, lasciando a bocca asciutta chi, invece, del dibattito ne ha estremamente bisogno. L’ultima stagione autunno/inverno 2025-26 tenutasi in una Milano lunatica, piovosa e soleggiata, sembra aver posato gli occhi proprio sul tema della femminilità.

Ci sono stati debutti come quello di David Koma da Blumarine. Fasi intermedie dovute a frettolosi licenziamenti e “giochi delle sedie” come abbiamo visto da Gucci e il clamoroso addio di Luke e Lucie Meier da Jil Sander. Tra un dj set e l’altro, il corpo della donna è stato camaleontico. Il risultato sono versioni contraddittorie e altalenanti di come il mercato pensa che il cliente desideri essere rappresentato. La party girl da Dolce & Gabbana, seminuda ma protetta dal suo bomber oversize danza leggera tra un like su TikTok e uno share su Instagram. Si trova agli antipodi, la donna pradiana intellettuale e dalle forme distorte. Miuccia non è interessata all’eleganza di Silvia Venturini Fendi, ma anzi fa ironia sul vestire borghese. 

Blumarine SS25 Campaign by David Koma.

Ne scaturisce il dualismo marcato della società odierna, frammentata e alienata dal continuo susseguirsi di informazioni, guerre infinite e una spiccata superficialità di andare oltre il pensiero comune. Si insinua, quindi, una paura esagerata del rischio e del confronto acceso su un tema assolutamente attuale. Probabilmente la soluzione è rifugiarsi nel mondo onirico e massimalista di Marni. Arrivare alle origini come ha fatto Marco Rambaldi che nella figura materna ha trovato la soluzione. “Memoria Futura” racconta che le tradizioni risuonano in noi come ricordi lontani, le mani di nostra madre, il vecchio maglione cucito all’uncinetto della nonna, l’odore dei libri di favole ormai scoloriti dal tempo, ma che ancora oggi parlano di verità. 

Il passato rivelatore del settore moda tradisce l’ipocrisia del presente 

A Parigi, in un bagno pubblico dalle sfumature lynchiane, Alessandro Michele riflette sul concetto di intimità. Un’intimità che diventa collettiva nel momento in cui si prende consapevolezza che non esiste un sé definitivo. L’esistenza non è altro che un metateatro in cui ognuno di noi recita la sua parte per quanto autentica essa possa sembrare. L’abito ci rappresenta, ma lontano dai riflettori accecanti delle passerelle, denudati dal substrato sociale che ci cuciamo addosso come una seconda pelle, siamo tutti fatti della stessa materia. Il maschile e il femminile diventano un singolo racconto, un’unica grande storia che narra l’essere umano indipendentemente dal genere di appartenenza. Il concetto di femminilità viene aperto a chiunque, al contrario chi parla ancora di categorie resta indietro.

Valentino Garavani SS25 Campaign by Alessandro Michele.

Miuccia con Miu Miu sottolinea il tema rappresentando una femminilità messy già visibile nella collezione di Prada che ha sfilato a Milano. Gli abiti, dall’animo vintage, adornati con pellicce e gioielli, rappresentano una risposta alle tensioni e alla paura del momento. Per affrontare un presente frammentato e disilluso, fra manifestazioni, stereotipi di genere e l’oggettificazione imperante del corpo femminile c’è la necessità di riconnettersi con il passato insistendo sulla tradizione e liberandola dalle sue catene fredde e metalliche.

Miu Miu SS25 Campaign.

Ma la libertà è un concetto complesso da comprendere. Infatti, ad acuire la necessità che ancora si parli di femminilità non sono solo gli articoli sul tema che si accavallano, si ripetono e raccontano tutti le stesse banalità, ma è l’ennesima notizia di un cambio di direzione creativa. Kering, infatti, ha confermato Simone Bellotti da Jil Sander cancellando completamente ogni speranza che nel gruppo potesse entrare a far parte una donna.

Ormai quasi tutto al maschile, il mercato moda è intenzionato a raccontare la donna, ma dalla bocca di un uomo. Ancora una volta, viene il settore perde la possibilità di essere migliore del mondo fuori dalla bolla. Proprio come si fa con i ricordi di una vita ormai lontana, il sistema dimentica le parti che non condivide. Lascia in superficie i tratti più nostalgici, quei momenti che ci fanno sorridere e in cui ancora crediamo fortemente riservando un posto in prima fila a un futuro prossimo magari migliore, forse più libero. 

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Mar 14, 2025

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