L’importanza dell’identità dei direttori creativi 

Macro trend 2023: i direttori creativi al centro dell’attenzione, non solo le collezioni in passerella

Una roulette russa di nomi e speculazioni su eventuali posizioni che forse non verrano mai toccate o riassegnate a nuovi direttori creativi. L’ultimo rumors che ha scosso il fashion system riguarda la posizione di direttore creativo di John Galliano da Margiela. Il designer sarebbe pronto ad abbandonare la maison a seguito della scadenza del suo contratto il prossimo Ottobre dopo ben dieci anni.

Una notizia di grande risonanza è l’eventuale ritorno di Galliano proprio da Dior. La stessa maison che tolse la direzione al designer dopo le sue infelici dichiarazioni in un caffè di Parigi. John Galliano si ritroverebbe così nella casa di moda che ha plasmato per ben quindici anni. Anni in cui il designer ci ha regalato fashion show indimenticabili e una narrazione ricca di riferimenti culturali che influenzano ancora oggi la moda contemporanea.

Christian Dior Haute Couture Fall Winter 2005

Ma la posizione che potrebbe ricoprire il designer non sarebbe quella intoccabile e vincente di Maria Grazia Chiuri. Bensì quella di Kim Jones nella linea uomo. Speculazioni e rumors che si scontrano però con la crescita costante delle vendite di Margiela e con l’enorme successo mediatico della collezione Artisanal SS 2024 ormai iconica.

Maison Margiela Artisanal Collection 2024

Ma John Galliano è soltanto l’ultimo nome di una lunga lista di direttori creativi che potrebbero ricoprire posizioni scoperte o sostituire coloro già presenti. È bastata la presenza di Pier Paolo Piccioli all’ultimo MET gala in compagnia di Donatella Versace per far nascere il rumors di un’eventuale sua entrata nel brand della medusa. E ancora Hedi Slimane sarebbe pronto a prendere le redini di Chanel dopo la fine del suo contratto da Celine.

Nel clima odierno che è ricco di incertezze, la figura del “nuovo” direttore creativo sembrerebbe la soluzione che i grandi gruppi stanno adottando per fronteggiare la crisi generale. Un’incarico dal grande spessore che negli anni ha cambiato la storia di moltissime maison, consacrandole e portandole al loro massimo splendore. L’identità del direttore creativo è fondamentale per l’avanzamento di un qualsiasi brand che ha bisogno di una nuova narrazione ormai orfano del suo fondatore.

Ricordiamo ad esempio la sottovalutata direzione creativa di Marc Jacobs da Louis Vuitton che inaugurò la sua linea pret-à-portè proprio grazie al designer americano. La breve e indimenticabile presenza di Jean Paul Gaultier alla guida di Hermès, che ridefinì l’immagine di una femminilità risoluta, austera ma soprattutto sensuale. E poi l’arrivo di Tom Ford da Gucci, che non solo ne risollevò le sorti, ma diede vita allo stile e all’era Porn Chic, ancora oggi citata, copiata e amata. 

GUCCI Fall 1995

Se da una parte questi nomi vengono elogiati dall’altra, soprattutto ad oggi, sono soggetti a numerose critiche che spesso convergono nella sterile accusa di proporre lo stesso stile nei diversi brand diretti.

Un dibattito che si è accesso animatamente dopo che è stata presentata la prima collezione di Alessandro Michele da Valentino. Un’ode all’eccesso decorativo, poetico ed equilibrato nella suo caos di pizzi, pellicce e stampe all over. Una collezione che ci parla della storia di Valentino più di quanto abbia fatto il meraviglioso lavoro di Pier Paolo Piccioli negli ultimi dieci anni.

Una narrazione che ci porta a riflettere sulla vera essenza del brand che non ha nulla di familiare con il lavoro del designer romano da Gucci. L’identità di Alessandro Michele si impone sulle creazioni rispettandone la storia e rendendole lo specchio di nuove meraviglie; un lavoro chirurgico e riconoscibile che appartiene a pochi.

È la stessa carica artistica che caratterizza difatti Hedi Slimane che continua a raccontarci la bellezza francese di Celine attraverso la malinconia, lo styling stridente e la sua visone unica. Proprio come aveva fatto da Saint Laurent.

CELINE Men Summer 2020

John Galliano, lontanissimo dallo stile di Christian Dior e Martin Margiela, è riuscito a raccontare e plasmare con rispetto l’estetica di due grandi Maison, raggiungendo l’apice del successo per ben due volte. 

Desideri nostalgici si scontrano con una realtà fatta di numeri, ma soprattutto di incertezze dove a sopravvivere restano le identità più autentiche e travolgenti. 

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Set 5, 2024

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