Sfumature estetiche nella società: le nuove ondate subculturali
Il boom economico del dopoguerra ha generato non pochi cambiamenti, sociali e culturali, che ancora oggi rivivono nella nostra storia quotidianità. Nella seconda metà degli anni cinquanta nasce quella che è considerata da molti la prima vera Subcultura del secolo scorso, ovvero i Mods.
La volontà di distaccarsi dalle generazioni precedenti, dai propri genitori ancora troppo scossi dai conflitti mondiali per trarre tutti i benefici della rinascita economica. La necessità di creare una propria community unita dalla musica e da un senso estetico del tutto nuovo. La generazione Mods si fortifica su queste esigenze esistenziali, costruendo così intorno a se un “nuovo mondo” in cui il Modern Jazz si univa all’Italian Style. Gli Early Mods (abbreviazione di Modernist) difatti nascono nei locali Jazz di Soho a Londra in cui la voglia di cambiamento e il distaccamento dalla vita quotidiana rifiorivano nel revival musicale. La storia di questa subcultura si estende per circa tre decenni, durante i quali il lifestyle ma sopratutto il guardaroba muta insieme alla società.
Agli inizi degli anni sessanta i codici estetici che distinguevano i Mods si ergevano sulla riscoperta dell’Italian Style arricchito individualmente da accessori contemporanei e accostamenti non convenzionali. L’italian Style acquisito dai Mods era composto dal classico completo elegante, ovviamente di manifattura italiana, unito ad un hair styling pulito e distinto. Uno stile “italiano” che ricadeva anche nella scelta dei mezzi di trasporto come l’iconica Vespa e la Lambretta. Con il passare degli anni si aggiunsero al guardaroba elementi fondamentali per la distinzione del nuovo stile Mod rispetto al passato, come il Parka a coda di rondine o gli stivali Desert boots, ma non solo.
l’Harrington Jacket divenne uno dei capi spalla più diffuso fra la subcultura che iniziava a risentire dell’influenza dei nuovi stili musicali arrivati dopo l’inizio della globalizzazione culturale. E così il Modern Jazz venne sostituito e arricchito dalle influenze d’oltreoceano del reggae e del rhythm ‘n’ blues. Un cambio di rotta musicale che coincideva con l’ascesa di band, ad oggi leggendarie, che incarnavano tutte le caratteristiche principali della generazione Mod. Fra questi ricordiamo gli Small Faces, gli Who, i Kinks e ovviamente i Rolling Stones e i Beatles.
Con l’arrivo degli anni settanta e l’esplosione di tutte le sottoculture tipiche del decennio, i Mods iniziarono a perdere la loro autenticità, fagocitata sempre di più dalla commercializzazione. Da qui arrivò l’esigenza di una rinascita di stile che fu promossa proprio da chi aveva vissuto l’origine di questa subcultura. Gli Who, ad esempio, nel 1973 pubblicarono “Quadrophenia”, un album che raccontava le vicissitudini di un ragazzo Mod. Ma a suggellare la nascita del revival della subcultura furono i The Jam che, con il loro frontman Paul Weller conosciuto come “The Modfather”, riportarono alla luce lo stile autentico degli Early Mods. E così il completo classico all’italiana, la cravatta sottile e i mocassini con frange ritrovarono il loro successo stilistico.
Ad oggi il Mods Revival è sempre più diffuso e si è arricchito di elementi contemporanei che lo rendono sempre più riconoscibile ed unico. I tratti principali dello stile sono i medesimi ma le rivisitazioni spaziano negli infiniti approcci estetici che caratterizzano la nostra contemporaneità. Le giacche a tre bottoni vengono impreziosite da spille, le cravatte si sovrappongono e l’eleganza del completo classico viene reinterpretata attraverso accostamenti dissonanti. La nuova generazione Mods riprende il passato e lo trasporta nel proprio presente, rendendolo mezzo della propria espressione personale. Così ritroviamo tutti quei valori sartoriali, l’amore per l’abito su misura e una nuova vita per i capi second-hand. Un elemento che però sembra essere immutato è la scelta musicale che ricade, ancora oggi, su quei nomi incastonati nella leggenda e che hanno dato vita allo stile Mod.
Michele

Michele Rossetti, 30 anni, Director @themichelerossetti
A. Come definiresti io tuo stile in tre parole?
Leather dog, cocktail party, Tip Tap dancer.
M. Da dove prendi ispirazione per la tua estetica?
Senza dubbio dai sir del passato quali David Bowie, i Beatles, i Rolling Stones, James Bond, dalle poesie di John Cooper Clarke o di un giovane Kurosawa sul set delle sue pellicole. Da sempre nutro un affetto particolare per l’abito, quale sorta di divisa mutevole, ma sempre identificabile, simile a quella dei supereroi dei fumetti. Mentre molti individui si sentono al massimo della propria autenticità e comodità in pigiama, io, invece, mi sento a mio agio fin dal canto del gallo con un doppio petto nero tra fette biscottate e cereali. O chissà, forse per essere sempre pronto a qualsivoglia evenienza, che sia il protagonista di un funerale o di un matrimonio improvvisato. Prediligo miscelare l’eleganza con l’ironia, magari con una buffa spilla sulla cravatta.

Alberto

Alberto Bazzoli, 34 anni, Musicista @alberto_bazzoli
A. Come definiresti io tuo stile in tre parole ?
A. Vintage, Eclettico, Ricercato.
A. Da dove prendi ispirazione per la tua estetica?
A. Potrei dire che da sempre il “vestirmi” è un mio interesse: un modo per esprimere me stesso e sentirmi a mio agio. Ovviamente negli anni lo stile cambia, a volte con mutamenti più visibili a volte meno. Nel mio caso, ho sempre vissuto in maniera totalizzante le “manifestazioni” interne con quelle esterne. Di conseguenza il mio “apparire” è profondamente influenzato dalle mie passioni. Tra queste la musica prima di tutto, essendo anche il mio lavoro, ma anche il cinema, l’arte e il design. Le mie decadi estetiche preferite non superano gli anni Ottanta e fanno tutte parte del secolo scorso.
A differenza di quello che puó sembrare, raramente acquisto o indosso capi vintage. Conta di più il mischiare le cose e saperle scegliere per ottenere questo effetto. Ultimamente sto riscoprendo il piacere a produrre io i miei abiti e penso che questo sia un atteggiamento corretto anche nei confronti del consumo moda, oltre che uno stimolo creativo personale.

Massimiliano

Massimiliano, 28 anni, Illustratore @mrmassoul
A. Come definiresti io tuo stile in tre parole?
M. Credo che il mio stile si potrebbe definire elegante, nostalgico e decadente.
A. Da dove prendi ispirazione per la tua estetica?
M. Amo spaziare dai look dandy e gli abiti sartoriali a quelli sportivi vintage, dalle tendenze della swinging London degli anni Sessanta alle controculture della San Francisco degli anni Settanta. Sono state decadi di rottura da parte delle giovani generazioni che vivevano in una società che non le rappresentava più e la moda è stata cruciale per veicolare messaggi sociali. Tutt’ora ci troviamo a combattere le stesse battaglie.
In quegli anni anche la musica era fondamentale e legata al modo di vestire (e viceversa), in una modalità e con una potenza che oggi forse non possiamo sentire ma intuire. Erano anni di intenso fermento e la sperimentazione nell’abbigliamento maschile era senza precedenti per quanto riguarda il ventesimo secolo, basti pensare a Hendrix, Morrison, Jagger, etc. Mi affascina anche l’eleganza di un tempo, quando i capi erano confezionati su misura e con dedizione perché erano destinati a durare e passare di generazione in generazione. Amo indossare vestiti che hanno avuto una o più vite perché credo nell’eredità che gli oggetti portano con sé e penso che possano trasferirla a me in qualche modo.

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Text Antonio Capozzoli @antoniocapozzolii