Sfumature estetiche nella società: le nuove ondate subculturali
Noisy People continua ad essere una viaggio alla scoperta delle subculture che si fanno spazio nella nostra contemporaneità. Dopo le delicate note del Coquette Core, proseguiamo con i più scalmanati e irriverenti Skater.
Skater
Seppur la nascita dello skate risale agli anni Cinquanta, una vera e propria sottocultura legata a quel mondo si sviluppa solo una ventina di anni più tardi in California, rispondendo al desiderio dei giovani surfer di poter continuare a surfare anche, in assenza di onde, sulla terraferma.
Quello che affascina di più di questa disciplina è il fatto che non si sia mai limitata ad essere soltanto uno sport, ma fin da subito è diventata una vero e proprio movimento culturale e artistico, i cui principi fondamentali sono la cooperazione, l’aggregazione e la libertà. Gli skater sfidano i classici sport e i loro valori sostanzialmente capitalisti, cercando di trovare nella resistenza e ribellione a questo sistema il loro punto di forza.
Il “fai da te” è il loro motto, per questo motivo, ogni spazio pubblico può diventare una possibile rampa e ogni strada il loro rifugio per potersi esprimere.
Pantaloni ampi e rovinati, t-shirt oversize e sneakers sono notoriamente, seppur con qualche variazione nel tempo, la divisa degli skater, una divisa talmente iconica da far sì che chiunque, anche chi non praticasse lo sport, iniziò ad adottarla facendo sì che molti brand nati per gli appassionati esplodessero globalmente e raggiungessero un pubblico via via sempre più ampio. Con gli anni Novanta, poi, il fascino degli skater raggiunse l’apice anche grazie al film “Kids” di Larry Clark. La pellicola segue idealmente le ventiquattro ore di un gruppo di giovani skater newyorkesi, in maniera quasi documentaristica. La realtà cruda che Clark ritrae nel film è così accattivante che c’era chi si rivedeva in quei personaggi e chi bramava per diventare come loro.
Lo skate, così, risulta essere un sentimento. Non è più solo uno sport, non rappresenta più una semplice estetica, ma diventa un modo di riempire i vuoti che si hanno dentro, di fuggire, tramite coraggio e spavalderia, a ciò che fa soffrire. Lo skate non aiuta a trovare se stessi, ma aiuta a creare se stessi.
Giovanni
Giovanni, 24 anni, Visual Designer e Fotografo @gionasssi
S. Quando e in che modo ti sei avvicinato al mondo dello skate?
G. Alle elementari ricordo che i miei regalarono uno skate a me e mio fratello. Avremo avuto circa sette e dieci anni, facevamo a gara a chi andava più veloce in discesa. Poi, quando abbiamo iniziato a ollare, a chi saltava più in alto, lui ha smesso quasi subito, ma io sono rimasto innamorato dello skate e di tutto ciò che ci gira attorno, soprattutto quando ho scoperto YouTube e i video di Thrasher. Ho cominciato seriamente, però, in terza superiore quando ho mollato la squadra di basket per andare solo in skate, ovviamente facendo incazzare moltissimo mio padre.
S. In che modo pensi che questa tua passione abbia influenzato il tuo gusto personale e la tua estetica?
G. Già alle elementari e alle medie riempivo tutto ciò che era in mio possesso di adesivi che prendevo da Frisco, lo skateshop di Brescia. Fin da subito l’immaginario visivo mi attirava tanto quanto lo skate vero per strada. I pantaloni più larghi possibili, le grafiche di tavole e maglie, foto e video degli skate-trip dei team. Credo che lo skateboarding sia più una forma d’arte più che uno sport e tutte le persone e comunità che lo animano sono piene di creatività sotto mille forme. Il fatto che io ora viva di grafica e fotografia credo derivi tanto da questa passione. Le persone più stilose che ho in testa sono sempre stati i miei skater preferiti.
Joel
Joel, 22, Fotografo @youngdiablo
S.Quando e in che modo ti sei avvicinato al mondo dello skate?
J. Mi ricordo che ero piccolo, avrò avuto all’incirca otto anni, quando per la prima volta vidi un filmato di una video part vecchissima di Supreme. Ne rimasi profondamente affascinato, ma solo quattro anni dopo riuscii ad avere la mia prima tavola. E, ovviamente, dopo quella tavola ne sono arrivate altre cento. Diciamo che per un periodo, ero un po’ ossessionato dallo skate, forse troppo, ma penso che sia stata una fase molto importante per il mio percorso di vita e per la mia crescita.
S. In che modo pensi che questa passione abbia influenzato il tuo gusto personale e la tua estetica?
J. In realtà, penso solo che mi abbia aiutato molto a superare difficoltà che avevo con il mondo esterno; sono riuscito a cambiare e ad aprirmi un pochino di più con gli altri. Ma, soprattutto, in qualche modo mi ha fatto sognare. Possiamo dire, quindi, che ha influenzato più la mia visione delle cose che l’estetica o il gusto personale, salvandomi da un futuro incerto.
Mike
Mike, 23 anni, Studente @zgmicheal
S.Quando e in che modo ti sei avvicinato al mondo dello skate?
M. Vivevo ancora in Cina e stavo frequentando una scuola internazionale dove un maledetto ragazzo mi fece conoscere lo skate. Mi portò nell’unico skateshop della città in cui studiavo.
S. In che modo pensi che questa passione abbia influenzato il tuo gusto personale e la tua estetica?
M. Dalla musica all’abbigliamento, tutto è diventato uno di stile di vita. Fuck Skateboarding.
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Photographer Giovanni Bonassi @gionasssi
Creative Director Oriana Maltese @loce_rio
Text Sofia Riva @_sofia.riva