Se negli anni Sessanta a fare scalpore erano i vestiti in metallo di Paco Rabanne, oggi potrebbe risultare difficile sorprenderci anche con un abito-spray che prende forma in passerella.
Coco Chanel lo definì “Le métallurgiste” dopo che, alla fine degli anni Sessanta, Paco Rabanne presentò la sua prima collezione The manifesto costituita da capi realizzati in metallo, plastica, alluminio e carta. Il concetto di Couture fu completamente stravolto e Rabanne divenne uno dei designer più influenti del secolo scorso.
Paco Rabanne sbarcò sulla luna ancor prima di Armstrong
Le sue armature, rigide e dinamiche allo stesso tempo, contribuirono alla nascita di un’estetica tutta nuova, lontana dagli atelier parigini e più vicina alla sottoculture che avrebbero dominato il decennio successivo. Le sperimentazioni dei materiali e delle strutture in metallo rifiutavano le regole imposte dalla sartoria classica riuscendo a ricreare silhouette innovative e visibilmente sorprendenti. Una moda così lontana dal quotidiano e dal reale che in quegli anni contribuì, insieme a Courreges e Cardin, alla diffusione di una nuova corrente estetica definita The Space Age. Restano iconici i costumi in plexiglas e alluminio che Rabanne realizzò per Jane Fonda nel film Barbarella.
Sdoganato ormai l’utilizzo di questi materiali non convenzionali furono in molti a sperimentare con silhouette estreme e costruzioni del tutto fuori dall’ordinario. È impossibile non ricordare il visionario Mugler. Il designer trasformava le sue muse in donne-cyborg ridisegnandone il corpo attraverso tute spaziali in alluminio dal forte sapore sensuale. Le giacche erano impreziosite con inserti di acciaio cromato. Rimasto nella storia è il bustier Harley-Davidson presentato in occasione della collezione Les Cow-boys nel 1992.
La moda hit-tech di Hussein Chalayan
Con uno sguardo rivolto al design dinamico che unisce moda e hit-tech, Hussein Chalayan fin dall’inizio della sua carriera ha voluto abbattere ogni limite creativo. Il designer britannico divenne noto grazie alla sua prima collezione realizzata completamente in carta. Il pezzo più iconico? L’Airmail dress. Lavabile e indistruttibile, poteva essere piegato in una busta per posta aerea e inviato tramite servizio postale. Le sperimentazioni di Chalayan però si spinsero anche oltre quando nel 2000 presentò la collezione Afterwords e sorprese tutti con il Coffee table dress. Realizzato in legno, questo capo, divenuto iconico, consisteva in un vero e proprio tavolino circolare che poteva essere indossato come un grande gonna a ruota.
La moda fra innovazione e crafting
Con l’avanzare delle ricerche tecnologiche ad oggi sono sempre di più i brand e i designer che sperimentano con materiali non convenzionali, ma non solo. Da qualche tempo si sta sviluppando sempre di più una tendenza che potrebbe essere definita crafty, ovvero l’impiego nelle collezioni di materiali di scarto, riciclati o di scarso valore.
Il team di Coperni ingloba da sempre nei propri design elementi o materiali innovativi e ricercati. Oltre al famosissimo abito-spray, che si è materializzato su Bella Hadid nella collezione primavera-estate 2023, il brand francese ha realizzato anche delle borse couture utilizzando vetro soffiato e pietra di meteorite. Capi e accessori sicuramente non funzionali e per niente accessibili ma che hanno contribuito a rendere Coperni riconoscibile.
Anche Loewe nel corso degli anni ha presentato nei propri show capi realizzati con i materiali più disparati; non fa eccezione la collezione autunno/inverno 2023-24 divenuta virale grazie a abiti, come giacche e camice, realizzati in rame e peltro in collaborazione con l’artista francese Elie Hirsch. Le leghe metalliche si smaterializzano e la magia di Loewe le rende più leggere della seta.
Rimanendo nel mondo del lusso, Balenciaga non si sottrae alla ricerca di nuovi materiali sperimentali, o comunque non convenzionali, per la creazione dei propri capi. Cappotti e abiti realizzati con pneumatici riciclati, armature rinascimentali stampate in resina 3D e interi look costruiti con del semplice nastro adesivo. Demna con la sua visione ha portato da Balenciaga non solo l’innovazione hi-tech ma anche il quotidiano con oggetti scontati ma che sono in grado di raccontare una storia e di essere più vicini al realtà.
La situazione cambia se spostiamo l’attenzione su alcuni brand emergenti come Hodakova, famoso per le sue operazioni di upcycling. Borse realizzate con cinture recuperate, anche da altri brand importanti come Gucci, e ancora, abiti in pellicola trasparente per alimenti o ricoperti da penne biro. I materiali di recupero che Hodakova utilizza sono innumerevoli e anche inusuali come la gomma piuma usata per un abito da sera o i cucchiai da cucina per creare un mini bra. Sulla stessa lunghezza d’onda ritroviamo AVAVAV che, nel suo frenetico e caotico show, per la primavera/estate 2024 ha presentato abiti realizzati con del nastro adesivo e completi da ufficio ricoperti di post-it.
Provocazione fine a se stessa o ricerca estetica? Impossibile saperlo. Ciò che è certo è la volontà di distaccarsi dal mondo di un lusso così poco inclusivo. Le nuove generazioni di designer hanno il bisogno di raccontarsi e raccontare il reale delle persone, le verità più disparate, piacevoli o sgradevoli che siano. Le modelle di AVAVAV avvolte nella carta e nello scotch correvano in passerella confuse ed esauste. Una metafora delle difficoltà che un giovane creativo deve affrontare quando si affaccia al mondo della moda?
Se le armature in metallo di Paco Rabanne e Mugler rievocavano mondi spaziali e ultraterreni ad oggi un vestito in rame o in carta rappresenta qualcosa di diverso. È la volontà di fotografare il presente e rimanere ancorati alla propria storia. Provocando? Sì, ma con la volontà di non far svanire la propria voce.