Entriamo nell’universo sonoro di Ethan, artista dalla forte identità creativa che attraverso la sua musica ci parla di libertà, unicità e autentica queerness
L’arte musicale di Ethan è la prima espressione della sua essenza umana; libera e autentica. Fin dalla sua infanzia la musica è stata una constante perpetua, una dichiarazione emotiva della sua interiorità. Attraverso ogni nota, parola o narrazione visiva Ethan riesce a rendere tangibili le proprie idee e il proprio vissuto; rifiutando l’omologazione a favore dell’unicità che lo contraddistingue. La sua musica sfida la canonicità del pop e risuona fra suggestioni elettroniche e influenze sud-americane, reinventate, riscritte e rinnovate. Il suo ultimo singolo “Dirsi addio amore mio” anticipa l’uscita della seconda parte di “Metamorfosi”, un EP complesso che inaugura un nuovo capitolo nella carriera di Ethan.

A. Ciao Ethan! Ci parleresti del tuo percorso artistico? Quando hai capito che la musica sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
E. Sono una persona che cambia spessissimo idea su molte cose ma la musica, fin da piccolo, è sempre stata l’unica costante sulla quale non ho mai avuto dubbi. Ho sempre avuto tantissima attrazione nei confronti di chi faceva musica, il modo in cui veniva espressa la propria identità e autenticità attraverso il suono. Credo sia stato un imprinting infantile in quanto ho iniziato a cantare a circa nove anni e poi da lì mi son reso conto che nel tempo questa passione non è mai svanita. Sono cambiate le forme in cui facevo musica, evolvendomi artisticamente, ma non mi sono mai allontanato dalla mia passione.
A. Qual è stato il tuo primo approccio professionale a questo mondo?
E. Ho iniziato a studiare canto in Toscana e poi a Roma, prima di trasferirmi a Milano e firmare il mio primo contratto, circa quattro anni fa. Precedentemente però avevo già lavoravo con un’etichetta indipendente di Firenze, fondata da me e da alcuni miei amici. Dall’esigenza di voler pubblicare nuova musica infatti nasce Supernova Dischi con cui riesco a lanciare il mio primo EP in inglese. Successivamente, con il mio arrivo a Milano, firmo prima con Sony e poi con Carosello Records che è la realtà che mi accompagna ancora oggi.

A. Nella tua musica i riferimenti culturali sono molteplici. Da cosa trai ispirazione per i tuoi testi e le tue sonorità?
E. All’interno del mio ultimo progetto “Metamorfosi”, diviso in due parti, ci sono tanti riferimenti e tanta musica diversificata proprio perché ascolto molta musica differente. Ho cercato di riportare nel panorama italiano le sonorità brasiliane che appartengono al mio heritage familiare, ma non solo. Sono presenti numerosi riferimenti alle melodie dell’America Latina in generale, uniti sempre alla musica elettronica. Mi piace infatti essere libero nella produzione e “giocare” un po’ con i suoni e nel macro “ombrello” dei generi l’elettronica è senza dubbio quello che traina un po’ tutto il progetto. Fra gli artisti che apprezzo di più ci sono sicuramente La Niña, Venerus e Joan Thiele; mi è piaciuto molto anche l’ultimo album di Gaia in quanto l’ho trovato interessante a livello di sonorità.
A. La tua espressione artistica inevitabilmente traspare anche dalla tua immagine. Come definiresti la tua estetica? Riesci a comunicare la tue intenzioni creative anche attraverso la tua direzione visiva unica e riconoscibile?
E. Per me è sempre stato importante avere un’immagine che si evolvesse e fosse comunicativa quanto la mia musica perché è il primo contatto che abbiamo con il mondo esterno. Penso di aver avuto quest’urgenza espressiva fin da piccolo in quanto la ritenevo una sorta di forma di rifugio. Il modo in cui ci vestiamo o ci esprimiamo ci fa subito categorizzare, purtroppo o per fortuna a volte. Ho avuto un rigetto totale nel dovermi identificare necessariamente in qualcosa e quindi, quello che sto cercando di fare oggi, è di sperimentare il più possibile per poi andare a delineare quello che sono.
Sono stato tante cose diverse e probabilmente continuerò ad esserlo perché non mi piace darmi una definizione unica. Cerco di partire dalla mia emotività, da che cosa io voglio esprimere e capire da un punto di vista visivo che cosa mi può aiutare a esprimere quella sensazione che sto vivendo. Spesso mi capita inconsciamente di rendermi conto che il modo di approcciarmi alle persone tramite il mio look è diverso rispetto ad altri momenti. Per me è questo il gancio visivo che mi fa stare bene e per “Metamorfosi” era importante rompere lo schema dell’associarmi solo a qualcuno con una bella voce “pop”.

A. Poche settimane fa hai pubblicato il tuo ultimo singolo “Dirsi addio amore mio”. Ci parleresti della genesi di questo pezzo e in generale del tuo approccio alla produzione di nuova musica?
E. Questo è stato uno dei primi brani che ho scritto nella costruzione di “Metamorfosi”. È un pezzo completamente in italiano e, pur essendo molto elettronico, è una ballad, per cui non ha una vera e propria struttura. Volevo che fosse un flusso di coscienza. Ci sono molto affezionato in quanto è stato un po’ uno spartiacque rispetto al passato e, a livello di sonorità, ha trainato tutto il progetto. Come si intuisce dal titolo è l’addio ad una mia relazione passata, un allontanamento sano in quanto non tutti i rapporti finiscono con l’odio e la rabbia. Rappresenta un mio modo per lasciare andare una cosa molto bella per me e che mi aveva fatto crescere molto. Il brano è stato scritto insieme a Vincenzo Liguori, un autore molto bravo, che mi ha aiutato in studio insieme ad altre persone.
In generale invece, quando inizio a creare nuova musica, mi sento sempre molto libero non avendo uno schema fisso. Mi piace pensare di riuscire ad immaginare un nuovo brano ancor prima di iniziare a scrivere. Per me è molto importante la reference sonora per cui inizio ad ascoltare molta musica in quanto, in caso contrario, non riuscirei a capire che cosa risuona dentro di me. C’è il momento in cui vado in studio e inizio ad indicare un determinato tipo di basso o giro di piano che vorrei inserire nel brano. In altri casi invece mentre ascolto musica inizio a scrivere degli schemi strutturali che vorrei ricreare nel nuovo pezzo o semplicemente di cosa voglio parlare.

A. Il nuovo brano rappresenta il primo capitolo della seconda parte di Metamorfosi?
E. Si. “Metamorfosi” è stato prodotto in parte in Brasile, un po’ a Berlino e infine in Italia. Mistica, il ragazzo con cui sto suonando, è stato parte integrante e fondamentale dell’intero lavoro. Mi ha aperto un mondo infinito su tutte le reference musicali che avevo e mi ha fatto capire come esprimere al meglio determinate cose. La sua musica, molto più elettronica, è diventata infine il collante fra l’EP e i miei nuovi live.
Il disco nasce come un unico lavoro che poi abbiamo deciso di dividere in due parti per accompagnare le persone in questo mio nuovo viaggio musicale. All’interno di “Metamorfosi” infatti sono presenti ballad elettroniche come “Dirsi addio amore mio”, pezzi più spinti, hardcore o anche più lenti. Essendo tutti elementi diversi tra di loro, mi interessava rilasciare a piccole dosi tutto quello che sto facendo in questo momento. Mentre stiamo metabolizzando la prima parte, la seconda uscirà prossimamente e andrà a concludere un percorso che considero già un unicum narrativo.
A. La voce dei giovani artisti rappresenta uno dei pochi segnali di cambiamento nel panorama culturale odierno e la tua artisticità queer si distacca dalle narrazioni dominanti. Come sei arrivato a questa maturazione attiva e quanto pensi sia importante esporsi culturalmente e ideologicamente soprattutto per le nuove generazioni?
E. Secondo me è fondamentale. Non c’è un modo diverso di stare al mondo, al di là di che cosa tu faccia, per me è abbastanza spontaneo. Non vorrei dire che ogni cosa che facciamo sia politica, ma in qualche modo lo è. Dal momento in cui scegliamo di vestirci o parlare in un determinato modo, scegliamo le persone con cui comunicare, stare in dei contesti piuttosto che in altri, stiamo rispondendo politicamente a qualcosa. Essendo che non c’è una linea netta fra il mio lavoro e la mia persona, le due sfere inevitabilmente si contaminano.
Quindi musicalmente i miei ascolti sono di un certo tipo e automaticamente parlerò di determinate cose o mi verrà voglia di espormi in un certo modo. Quello che sto facendo adesso ad esempio, voglio che sia estremamente queer perché la queerness in generale mi ha salvato; mi ha fatto capire che c’è un mondo più vasto rispetto a quello che ci vogliono presentare. I miei artisti e personalità di riferimento, principalmente queer, mi hanno cambiato la vita e rappresentano la ragione per cui sono felice di fare musica e son felice di avere “vita”. Vorrei poter restituire anche una piccola parte di queste persone e quello che hanno fatto per me.

A. Cosa c’è nel futuro di Ethan?
E. Credo che nessuno lo sappia. Sono una persona abbastanza positiva ma anche realista, quindi tutto può cambiare. Utopicamente continuerò a fare musica indipendentemente dalla risonanza delle cose che canto perché, come dicevo, per me resta un’esigenza; in qualsiasi forma. Ad esempio il prossimo 7 giugno suonerò a Berlino mentre sto già lavorando a nuovi brani in collaborazione con diversi artisti internazionali. Sicuramente ho delle idee e delle volontà ma sto accettando la possibilità che le cose possono cambiare, anche al di fuori del mio controllo.
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Talent @Ethan Laraa
Photographer @Luciana Lorizzo
Text @Antonio Capozzoli
Stylist @Oriana Maltese
Stylist assistant @Elisa Toffano
Make-up artist @Edoardo Bacigalupi @blendmanagement



