Homeless Chic: la moda che normalizza lo “stile” dei senzatetto

Una delle tendenze più controverse della moda contemporanea: l’homeless chic si ispira alla gente di strada, come l’ucraino clochard Slavik. Un’estetica tuttavia non priva di critiche

Mentre i senzatetto si vestono per necessità, cercando capi pratici per affrontare la dura vita in strada, le élite benestanti possono adottare lo stesso stile ma a prezzi smodati. L’industria della moda ha infatti trasformato questa esigenza in un’estetica più cruda e reale, che prende il nome di homeless chic.

Balenciaga: All or Nothing — Raphael Bliss.

“La moda e la povertà hanno sempre avuto una relazione”, commenta Nicola Cooper, ricercatrice senior di tendenze e analista presso Nicola Cooper and Associates. Nonostante sia un connubio affascinante tra creatività e complessità sociale, solleva interrogativi profondi sulla cultura, l’appropriazione e la psicologia umana, rendendola una delle tendenze più provocatorie della moda contemporanea.

Da dove nasce questa moda? 

Senza dubbio l’influenza giapponese degli anni ‘80 e ‘90 (come l’abito a sacco di Rei Kawakubo) prende spunto dalla dura vita in strada. Ufficialmente però la tendenza homeless chic viene associata alla collezione Couture Primavera degli anni 2000 di John Galliano per Dior. Il designer raccontò infatti di aver trovato ispirazione osservando i senzatetto lungo le rive della Senna mentre faceva jogging, traducendo poi queste impressioni nel suo dèfilè. Il risultato? Abiti in seta stampata con motivi di giornali, accanto a tessuti di lusso volutamente strappati e invecchiati per ricreare un effetto sporco e vissuto. 

Dior by John Galliano SS2000.

La sfilata di Galliano ha certamente segnato l’inizio di una nuova estetica, poiché dal 2017 sono molti gli stilisti che hanno proposto collezioni ispirate allo stile “chic senzatetto”. Dunque, diamo il via a layering di maglioni, sneakers ingombranti in stile anni ’90 e capi oversize, diventati i protagonisti assoluti delle passerelle.

Brand come Yeezy, Raf Simons, Balenciaga e Vetements hanno lanciato capi che, nonostante il design essenziale, vengono venduti a cifre che spaziano dai 200 a migliaia di dollari, per felpe, tute o sneakers che si ispirano proprio a questo stile di vita “povero”. Un esempio eclatante sono le scarpe sporche e mal ridotte che Balenciaga ha imposto sul mercato nel 2022\23. Anche Kanye West, ormai caduto in disgrazia, non è estraneo al poverty chic. Con il suo marchio di abbigliamento Yeezy, notoriamente costoso, è solito mettere in vendita abiti dall’aspetto scialbo, intenzionalmente pieni di buchi e inadatti. 

Yeezy Fall 2016.

Tuttavia, la linea tra celebrazione e sfruttamento è sottile, e la moda non può sfuggire alla critica: come possiamo trarre ispirazione dalla vita di chi lotta per la sopravvivenza, facendone una moda? Un esempio emblematico è il famoso senzatetto ucraino Slavik, che ha catturato l’attenzione del pubblico e dei designer come Balenciaga e Vetements. Slavik, con il suo stile unico e la sua presenza magnetica, è diventato un’icona di una moda che abbraccia il vissuto e l’imperfetto. I suoi look hanno ispirato collezioni che catturano l’essenza più autentica, sfidando le convenzioni di un’industria che spesso si concentra sull’ideale di perfezione.

La psicologia dell’ homeless chic

In un mondo sempre più orientato all’apparenza, la tendenza del homeless chic ci offre uno spunto di riflessione. L’idea di romanticizzare la povertà nella moda può sembrare insensibile, ma in realtà risponde a diverse logiche sociali e psicologiche:

1) L’attrazione per l’autenticità: nella moda spesso si cerca l’imperfezione, in questo caso mediante look trasandati e spettinati che vengono percepiti come autentici, reali e senza filtri, e che vanno contro l’estetica patinata a cui siamo abituati.

2) Il fascino del disordine controllato: è un gioco di contrasto tra il degrado e il lusso che provoca una reazione emotiva nello spettatore. Una sorta di disordine estetico che va decisamente fuori dagli schemi, anche se in realtà è studiato nel dettaglio.

3) Il paradosso dello status sociale: chi può permettersi di vestire “trasandato” volontariamente?

NYFWM N.Hoolywood FW2017.

Il vero senzatetto non ha scelta, mentre chi segue la moda lo fa consapevolmente e spesso spendendo cifre altissime per ottenere un look disordinato. Dunque, trasformare la povertà in tendenza è moralmente inaccettabile oppure è giustificata come modo per accendere i riflettori su un problema sociale, attraverso la moda?

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Mar 3, 2025

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