Mentre si avvicina l’inizio di un nuovo capitolo musicale, conosciamo Alex Fernet; fra soul, amore e funk
Artista dalle mille sfumature, Alex Fernet ci invita a riscoprire il beat americano del funk più puro. Il suo percorso, in continuo divenire, partendo dal rock si è diramato in molteplici stili musicali, testimoni delle passioni più intime dell’artista.
Il soul, il funk e la black music statunitense rappresentano i punti focali di un progetto totalizzante, frutto di un talento musicale coltivato negli anni. Alex Fernet difatti si avvicina alla musica fin dalla sua infanzia, accrescendo il proprio bagaglio culturale attraverso un ascolto musicale dinamico e mutevole.
I suoi brani ci raccontano il lato più sofferto dell’amore come accade tradizionalmente fra le note malinconiche del soul. I sentimenti umani si scontrano così con il lato dance dell’artista e con la sua visione più impegnata del mondo che ci circonda. L’incertezza del futuro si dilegua fra gli accordi di chitarra, i racconti e la musica che accompagneranno ineluttabilmente l’evoluzione di Alex Fernet.
A. Ciao Alex! Ci parleresti del tuo percorso artistico?
A. Ho iniziato a suonare la chitarra a sei anni, mentre già all’inizio della mia adolescenza mi sono unito a diverse band e a organizzare i primi mini concerti. Successivamente, intorno ai venti anni, questa passione è diventata qualcosa di più serio con la nascita della mia prima vera band che mi ha portato ad organizzare moltissimi concerti. Il mio progetto da solista invece inizia nel 2020 e continua tutt’ora ad accompagnarmi nel mio percorso.
A. Partendo dal rock sei arrivato a sperimentare diversi stili musicali. Ad oggi qual è il genere che più ti caratterizza?
A. Il rock in tutte le sue forme è stato il mio punto di partenza; iniziando da un rock più leggero e psichedelico sono arrivato a sperimentare uno stile più articolato come il progressive. Di sicuro il genere che più mi appassiona è la musica funk, la dance music in tutte le sue forme e la black music. Rientrano in queste suggestioni anche la musica elettronica e l’house. Per quanto riguarda la mia produzione da solista, dopo un primo approccio piuttosto elettronico ho deciso di tornare un po’ sui miei primi passi. Per la prossima musica ci sarà infatti un approccio più suonato. Mettendo da parte un po’ l’elettronica, ho deciso di realizzare un disco che potesse valorizzare il più possibile quello che so fare.
A. Quali sono gli artisti che ti hanno più influenzato?
A. In questi ultimi anni, gli artisti funk, soul e in particolare la scena che c’è ora in America; ad esempio gli Psychic Mirrors e Adam Chini. Sicuramente anche il funk anni Ottanta di Stevie Wonder e dei The Style Council. Cerco comunque di spaziare, ma per il progetto Alex Fernet l’ispirazione nasce principalmente da questi artisti americani.
A. Quali sono le tematiche e le storie più ricorrenti nella tua musica?
A. Principalmente, come tutta la soul music, il tema portante è quello dell’amore, spesso con una visione un po’ drammatica. Di solito sono testi di un amore non corrisposto, difficile o infelice e mai nella sua accezione più bella e leggera. In generale la sofferenza che deriva da questi amori è molto presente nelle mie narrazioni. A volte mi piace parlare anche di ciò che mi circonda come nel caso del brano “Festa di Finimondo” presente nel mio primo album. Sia nel testo che nel video c’è un senso di provocazione che mira ad evidenziare i problemi legati al cambiamento climatico. Nel nuovo disco in uscita il prossimo anno ci sono dei pezzi che vogliono un po’ dare la mia visione rispetto a come vedo il mondo. Sarà difatti un disco manifesto.
A. Fra tutti i tuoi brani quali sono quelli che ti hanno segnato particolarmente? Ci Parleresti della loro creazione?
A. Il mio primo singolo “1 2 3 Stella” in quanto ha segnato l’inizio di tutto il mio progetto da solista e rappresenta un punto di rottura con il passato più rock. Inoltre nel lato B del disco c’è una cover dei Bad Bad che hanno avuto modo di ascoltare il brano e darmi personalmente un loro feedback. È stato un momento molto emozionante. Dall’album uscito lo scorso anno “Luci da Notte” il brano che più ricordo con affetto è “Phantom of the club” in quanto, oltre ad essere il singolo del disco, è il più rappresentativo di tutti. Una sorta di brano transitorio rispetto alla nuova musica che sto per pubblicare, per cui un ponte che si collega al prossimo capitolo.
A. Come ti immagini la tua musica in futuro?
A. È una domanda un po’ difficile perché il mio percorso musicale fino ad ora è stato molto imprevedibile. Ho cambiato diversi generi e mi piacerebbe farlo sempre come crescita personale. Difatti i miei ascolti sono sempre variegati e quindi di conseguenza l’ispirazione è molta e diversificata. Sicuramente il nuovo disco vira maggiormente sulla musica soul più pura, quindi quella degli anni Sessanta da un lato e quella degli anni Ottanta dall’altro. Sarà tutto meno Dream rispetto al primo album, meno Psych e meno Synth pop ma più soul e funk vero e proprio. Per il mio di futuro, ho sempre fatto musica, come dicevo, da quando ho sei anni, quindi dubito che abbandonerò questa strada. Comunque vada la musica è la mia vita, la mia valvola di sfogo e il mio modo di reinterpretare la realtà.
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Talent: Alex Fernet @alex_fernet
Photographer: Tommaso Rotondo @rocki.rotch
Stylist: Oriana Maltese @loce_rio
Text: Antonio Capozzoli @antoniocapozzolii
Make up and hair: Genny Pagano @gennypagano
Film maker: Simone Anzoino @louis__cypher
Stylist assistant: Lilly Padilla @lillympadilla
Special thanks to: Costello’s Records @costellosrecords