Martino Gerosa: un viaggio intriso di sfide e scoperte per catturare l’essenza della propria ispirazione e trasformarla in uno stile fotografico.
“Keep an eye on” è un contenitore informale che mette in risalto talenti contemporanei provenienti da molteplici settori. È uno spazio accogliente che unisce creatività e innovazione in un ambiente stimolante e dinamico.
Qui gli artisti emergenti trovano un luogo in cui condividere la loro passione e mostrare la propria identità. L’obiettivo principale del format è quello di mettere in evidenza le personalità più promettenti nel mondo dell’arte, offrendo loro visibilità e la possibilità di far sentire la propria “voce”.
Catturare l’essenza della propria ispirazione e trasformarla in uno stile fotografico distintivo è un viaggio intriso di sfide e scoperte. Nel corso della sua ricerca artistica il fotografo italiano Martino Gerosa ha affrontato l’incertezza, esplorato l’influenza degli altri e appreso come dare voce alle sue visioni uniche. In questo racconto Martino condivide la sua evoluzione come fotografo, passando dall’insicurezza iniziale alla consapevolezza della sua voce distintiva. Attraverso le sue parole esploreremo le radici della sua ispirazione e le sfide che hanno plasmato il suo percorso e che lo hanno portato a comunicare il suo mondo unico attraverso l’obiettivo.
Qual è stata la tua principale fonte di ispirazione per iniziare a fare fotografia e come hai sviluppato il tuo stile distintivo?
Ero più confuso che ispirato ma mi è stato utile sfogliare libri e riviste. In parte ha aiutato ma per quanto l’emulazione sia un esercizio valido ho dovuto imparare a distinguere e superare l’illusione che ciò che aveva senso per qualcun altrə avesse senso anche per me. I suoi desideri, le sue motivazioni, la sua cultura e la sua storia quasi sempre non erano le mie. A posteriori, credo che la fotografia sia stato un modo per avvicinarmi alle persone e che le persone fossero e siano tuttora l’aspetto che più mi incuriosisce e in un certo senso più mi ispira.
Non so dire cosa sia il mio stile, secondo me è qualcosa che appare in rilievo sotto la superficie, una ripetizione inconscia di scelte e di simboli che è più facile notare dall’esterno. Poi ci sono anche delle ripetizioni intenzionali ma sono delle domande o delle ossessioni che richiedono tempo e lucidità. Io sto ancora osservando e cercando le mie. Una volta mi preoccupavo molto di capire cosa mi rendesse diverso. Da quando ho capito che non è di per sé un valore, che puoi essere distinguibile ma comunque irrilevante o peggio insoddisfattə di quello che fai, cerco di concentrarmi su quello che eventualmente ho da dire e provo a dirlo in modo più chiaro.
Quali sfide hai incontrato nel corso della tua crescita come fotografo e come le hai superate?
Una su tutte, ricominciare da capo. Ho iniziato a lavorare come assistente quando le conseguenze della crisi del 2008 si stavano sovrapponendo al successo della rivoluzione digitale e una generazione di professionisti assisteva risentita alla corrosione di un mondo che aveva dato per scontato. Le risorse erano dimezzate e io venivo da un percorso universitario che mi aveva fatto perdere almeno due anni di esperienza sul campo. Mi sono adattato in fretta perché avevo 22 anni e mi sentivo già in ritardo. Tre anni di lavoro in ambienti che oggi definiremmo tossici e abusanti mi hanno scaraventato in una condizione fisica e mentale dalla quale è stato difficile uscire.
Ho ricominciato da una frazione dei pochi contatti che avevo e ho imparato a dare priorità assoluta alla selezione delle persone e dei contesti di lavoro in cui mi sarei trovato. Mi hanno aiutato persone, formazione, abitudini ma forse più di tutto imparare a riconoscere e accettare i miei limiti. Capire dove investire le energie e quando invece lasciare perdere è un passaggio chiave senza il quale sono inutili la costanza, la pazienza e persino la qualità. La sfida che sto attraversando adesso è smettere di cercare di piacere a tutti e trovare spazio per le mie ripetizioni intenzionali.
Puoi condividere un progetto fotografico che ritieni sia stato significativo per la tua carriera fino a questo punto, e spiegare il contesto e il significato dietro le tue immagini?
Nell’estate del 2015 stavo cercando di ricominciare a lavorare, il mio portfolio era inesistente, non avevo più soldi. Ho trovato una stanza vuota in cui scattare e qualche metro di telo nero di cotone da usare come fondo per due storie beauty. Quattro modelle truccate dal gran cuore di Serena Congiu.
È passato molto tempo e quelle immagini sono superate, ma restano a significare quello sforzo di tornare a galla a respirare che è stato determinante nel mio percorso e so che senza ora non sarei qui.
Photo courtesy Martino Gerosa.
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