Addio a Papa Francesco: il connubio fra religione e moda nella contemporaneità  

Nel pieno delle celebrazioni pasquali e nell’anno del giubileo la città del Vaticano ha annunciato la scomparsa di Papa Francesco, avvenuta al seguito di un lungo periodo di malattia. L’estetismo della Santa Sede è stato negli anni fonte d’ispirazione non solo per l’arte ma anche per la moda e il cinema 

Alle prime luci del lunedì dell’Angelo 2025 la Santa Sede di Roma annuncia la morte di Papa Francesco, un’evento storico-politico che ha investito i media di tutto il mondo. Si chiude uno dei pontificati più rivoluzionari della storia che, seppur nei minimi termini, ha aperto le proprie porte alla modernità. Definito da molti il “pontefice degli ultimi” Francesco aveva apportato importanti cambiamenti all’interno della scala gerarchica del Vaticano e di tutte le sue diramazioni mondiali. Il Pontefice di origini italiane ma cresciuto a Buenos Aires aveva avvicinato il mondo patinato della chiesa di Roma al popolo. Fra le sue riforme ricordiamo la nomina di più di cento cardinali provenienti dal “sud” del mondo, l’inserimento di figure femminili nelle alte cariche statali e la semplificazione di numerosi riti ecclesiastici. Uno dei primi segnali di modernizzazione attuati da Papa Francesco risale al giorno della sua elezione.

Fra i rituali millenari della consacrazione del nuovo pontefice rientra la vestizione con gli abiti corali, ricchi di applicazioni preziose e accessori. Nel 2013 il Papa in procinto di presentarsi al mondo decise di indossare soltanto gli abiti talari bianchi, optando inoltre per un semplice crocifisso in legno che andava a sostituire l’opulenta croce d’oro e rubini. Una scelta agli antipodi rispetto al guardaroba esclusivo dell’allora Papa Emerito Benedetto XVI. Sono celebri infatti i suoi abiti sempre ricoperti di ornamenti d’oro e i suoi mocassini rossi in pelle Made in Italy, erroneamente scambiati per delle calzature di Prada.

La direzione del pontificato di Francesco divenne così subito limpida, fin dal suo guardaroba che tradizionalmente doveva rispecchiare il potere di un vero e proprio sovrano assoluto. Gli elementi estetici che ritroviamo nei capi ecclesiastici rappresentano di fatti l’influenza, non solo religiosa, ma anche politica dello Stato Vaticano. Una combinazione di colori saturi (rosso per i cardinali e viola per i vescovi), tessuti broccati, ricami e applicazioni barocche. Il vestiario della religione cattolica tende a rispecchiare un lustro millenario e si sposa perfettamente con l’immesso patrimonio culturale presente nella Santa Sede. Un’impatto visivo che negli anni ha influenzato inevitabilmente tutte le sfere artistiche, comprese il cinema e la moda. 

L’estetismo della Santa Sede nel cinema

Una delle passioni più peculiari del defunto Papa Francesco era il cinema italiano e in particolar modo la corrente neorealista degli anni sessanta. Oltre a Rossellini e De Sica il Pontefice apprezzava enormemente il lavoro visivo di Federico Fellini e nello specifico uno dei suoi film più celebri “La strada”. Questa correlazione è fortemente incalzante per via della grande influenza che il cristianesimo e la spiritualità hanno avuto sulle pellicole felliniane. Il regista romagnolo difatti nei suoi racconti grotteschi inseriva spesso riferimenti lapalissiani al mondo del clero. Ne “La Dolce Vita” nella denuncia socio-politica ed estetica della decadenza dei valori umani, sacro e profano conversano attraverso le figure femminili del film e nei luoghi sacri di Roma.

Ricordiamo l’iconoclastico “battesimo” laico e passionale nella fontana di Trevi e la visita dei protagonisti al Vaticano. In 8½ invece il protagonista, in piena crisi esistenziale, cerca conforto nella figura nebulosa del Cardinale le cui parole enigmatiche allontanano sempre di più Guido dalla soluzione dei propri problemi creativi. Fellini ripesca queste suggestioni “ecclesiastiche” direttamente dalla propria infanzia vissuta in convento e raccontata soprattuto in “Amarcord”. E così i suoi sogni onirici da uomo adulto diventano un’affresco estetizzante della Chiesa in cui la simmetria dei riti religiosi viene accompagnata da una rivisitazione esasperata degli abiti talari. In quest’ottica l’esempio più celebre è sicuramente la scena della “sfilata di moda ecclesiastica” presente nel docu-film autobiografico “Roma”.

In questo sogno grottesco i veli inamidati delle suore diventano ali immense mentre i sacerdoti in bici e in pattini si adornano di pizzo Sangallo. Come in una consueta sfilata di Haute Couture le ultime uscite rappresentano la manifestazione più estremizzata dallo stile ecclesiastico. Figure Papali avvolte da volumi, tagli e materiali preziosi ci riportano indietro alle creazioni di Cristobal Balenciaga o nel presente di Demna e Alessandro Michele. Riconosciuto da molti come l’unico erede di Federico Fellini, anche Paolo Sorrentino nelle sue pellicole inserisce molto spesso elementi o figure religiose. Ne “La grande bellezza” la suora detta La Santa è il personaggio chiave dell’intera maturazione morale di Jep Gambardella. In tempi più recenti anche in “Partenope” ritroviamo la figura grottesca del Vescovo di Napoli.

Un personaggio repellente che si unisce alla protagonista in un amplesso, illuminato dal sacro tesoro di San Gennaro. Ancora una volta il sacro si dilegua nel profano così come accade nelle mini serie dirette dal regista napoletano che vertono proprio sulle figure di due Papi anti convenziali. “The Young Pope” e “The new Pope” ci presentano una visione sublime dei luoghi più celebri del Vaticano attraverso la regia simmetrica di Sorrentino. Resta iconico il Papa conservatore interpretato da Jude Law che si presenta come una figura severa ma ammiccante, circondata dal mistero e da una santità autoreferenziale. 

Sacro e Profano ispirano il fashion system

Anche nel fashion system la religione ha rappresentano una fonte inesauribile di suggestioni stilistiche fin dagli arbori dell’Haute Couture Parigina. Cristòbal Balenciaga che era molto credente riprese i volumi e i colori degli abiti monacali per definire le silhouette di moltissime sue creazioni. Alexander McQueen nei suoi innumerevoli viaggi suggestivi ripescò dal cristianesimo il personaggio di Giovanna D’arco alla quale dedicò la collezione del 1998 “Joan”. Un viaggio allucinato fra le fiamme sacre che avvolgevano figure magnetiche ricoperte interamente di pizzo, latex e maglie metalliche.

Alexander Mcqueen – Joan.

Ma non solo, nel 1996 il designer britannico costruì lo show per la FW partendo dal racconto dell’inferno della Divina Commedia. La collezione “Dante”, in onore del Sommo Poeta, discese come di consueto nel profondo conflitto fra apollineo e dionisiaco; resta leggendaria la maschera adornata con il crocifisso.

Alexander McQueen – Dante.

Durante un viaggio a Ravenna Gianni Versace invece rimase “folgorato”, come racconta Donatella, dai dipinti religiosi in stile Bizantino. Una suggestione che porto il designer alla realizzazione della sua ultima collezione per l’autunno/inverno 1997. Le figure iconoclaste degli affreschi bizantini risplendevano fra le maglie in oroton dorato arricchito da croci e ricami opulenti. Una collezione storica dall’influenza ineguagliabile tanto che nel 2018 divenne protagonista dell’esposizione del Met “Heavenly Bodies”.

In occasione dell’evento inaugurale più celebre del fashion system le celebrità invitate mostrarono al mondo il grande potenziale estetico della religione. Ariana Grande in Vera Wang si lasciò ispirare dagli affreschi della Cappella Sistina mentre Lana del Rey in Gucci by Alessandro Michele interpretava una moderna Santa Lucia. La protagonista dell’evento però  fu senza dubbio Rihanna avvolta dai tessuti broccati di un abito Papale. Il look realizzato da John Galliano si ispirava ad una sua vecchia collezione del 2000 per Dior Haute Couture. 

Dior Haute Couture 2000 – Galliano.

Religione, moda e cinema rappresentano un connubio vincente e fonte d’ispirazione inestimabile per innumerevoli creativi. Passato questo momento storico degli ultimi giorni ci avvicineremo così al Conclave. Un’altra funzione millenaria avvolta dal mistero raccontata proprio quest’anno dal thriller politico “Conclave” diretto da Edward Berger; quando “la vita imita l’arte”. 

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Apr 23, 2025

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