Percentuali, grafici e analisi di dati ci aiutano a decifrare le tendenze ancorandole a basi oggettive e guidano le nostre scelte di acquisto
I dati possono davvero essere applicati a qualsiasi sfera della nostra vita, perfino a un settore così legato alla creatività come quello della moda? Secondo Madé Lapuerta, creatrice di Data, But Make It Fashion, sì. Laureata ad Harvard in ingegneria informatica, Lapuerta viene colpita dall’ispirazione di coniugare la sua conoscenza dei dati con la sua passione per la moda nel 2019. Questo accade subito dopo aver guardato “McQueen”, il documentario sulla vita e l’opera del designer. Tutto parte da una sua esigenza personale. Ovvero capire quali tra le varie tendenze di cui leggeva nelle riviste o sui social fosse reale, supportata da dei dati effettivi. Inizia, così, a fare esperimenti con dei modelli di riconoscimento delle immagini per individuare motivi ed elementi ricorrenti nelle collezioni dei brand e a postarle sui social. E in questo modo nascono così i suoi account Instagram e TikTok, @databutmakeitfashion.
La sua attività non si concretizza in quella che è, attualmente, la forma di analisi dei dati più diffusa nel sistema moda, ovvero il trend forecasting. I cui risultati sono sfruttati principalmente dai brand che, sempre di più negli ultimi anni, si basano sui report delle società che si occupano di questo tipo di analisi per stabilire quali elementi includere nelle prossime collezioni. Lapuerta non si focalizza sul futuro ma sul presente, analizzando quella che è la situazione attuale del mercato e del mondo dei consumatori.
Il suo è un approccio decisamente user-friendly. Evidenziato già dal format scelto per riportare i risultati delle sue analisi. Questi dati, infatti, sono resi con grafici e diagrammi estremamente comprensibili o addirittura creando post ironici e meme. Un esempio potrebbe essere quello di Blair Waldorf con sguardo ammiccante e intrigato e la scritta “Guardando la prima collezione di Alessandro Michele per Valentino”. Meme seguita da una carrellata di dati sui principali elementi presenti nei look della sfilata, con tanto di percentuali).
Nell’approccio di Lapuerta i dati servono ad aiutarci a fare chiarezza. Ma anche ad ancorarci all’oggettività in un contesto in cui il mondo della moda è sempre più soggetto all’opinionismo. Un sistema in cui tante diverse personalità, più o meno attendibili e con un background culturale non sempre adeguato, si sentono in diritto di dire la propria su collezioni e sfilate. Il risultato di questa situazione? A volte non solo si rischia di dire cose scorrette o senza un reale fondamento. Ma anche che tante di queste figure vengono poi prese come punto di riferimento dal grande pubblico e che le opinioni soggettive di alcuni diventino un vero e proprio metro di giudizio del lavoro dei designer.
A questo si aggiunge l’incessante imperversare dei trend, che si susseguono con una velocità tale da risultare quasi inafferrabili. Anche perché è impensabile di poter acquistare sempre nuovi articoli per tenersi al passo con ogni tendenza che emerge ormai di settimana in settimana. Si pensi al trend della “Mob wife” che a inizio anno, nel suo periodo di picco, sembrava arrivato per durare a lungo e che invece ha subito una profonda ricaduta nel giro di poco.
Le analisi di Lapuerta aiutano i suoi followers a capire che cosa viene davvero apprezzato tra quanto si è visto nelle sfilate e che cosa è indossato realmente. In questo modo i trend non sono più qualcosa di astratto, ma sono calati in una dimensione di oggettività e, dunque, di maggiore attendibilità. Per analizzare un trend, Lapuerta parte dall’osservazione della collezione di un brand, passando in rassegna ogni look.
Poi applica dei codici da lei elaborati combinando un’attività di tagging manuale con l’utilizzo di software di riconoscimento delle immagini. Questo le serve per ottenere la percentuale esatta con cui trend o articoli si presentano nella collezione. Per comprendere un trend, analizza un campione di circa venti collezioni. Un altro strumento che utilizza è Google Trends. Questo tool aiuta a capire che cosa le persone cercano su Internet per ricavare risultati relativi a ciò che effettivamente interessa al pubblico.
Data But Make It Fashion si presenta come un progetto estremamente interessante per il suo approccio innovativo. Evidenzia quanto i dati ci possano aiutare nella vita di tutti i giorni e nelle nostre scelte di consumo, svestendoli di quell’alone di astrusità che spesso li accompagna e rendendoli decisamente friendly e a portata di tutti. Non per niente la popolarità di Lapuerta è in crescita costante: con un seguito complessivo di circa 566.000 followers sui due account social. Una serie di quattro libri auto pubblicati (“The Little Book of Big Fashion Data”) e un sito in fase di costruzione. Lapuerta sta iniziando a ricevere riconoscimenti anche dai brand, con inviti ad assistere alle sfilate delle Fashion week di settembre 2024 a Milano e Parigi.
Con Data, But Make It Fashion i grandi numeri non solo non ci fanno più paura, ma diventano degli alleati capaci di guidare le nostre scelte di stile all’interno del mare magnum di collezioni, trend e dictat dei vari influencer, dimostrando che anche la matematica può essere glamour.