Un’ampia retrospettiva dedicata a Gae Aulenti (1927-2012), una delle figure più rappresentative dell’architettura e del design contemporanei
Tra le tante forme d’arte che popolano le nostre città e i musei, l’architettura è quella che più si mimetizza con l’ambiente e, a volte, passa inosservata. Mentre dipinti, sculture e fotografie riempiono teche e cornici, capaci di conferire loro la giusta importanza, per ammirare ed apprezzare opere architettoniche potrebbe servire un accorgimento in più, soprattutto in città come Milano, permeate da frenesia e produttività.
Eppure, l’architettura è la forma d’arte più vicina al cittadino. Delimita lo spazio in cui egli vive e lavora, rendendo ogni angolo di una città un potenziale museo a cielo aperto. Luci, pareti, materiali, pavimentazione: per analizzare e vivere le opere di architettura è necessario allenare lo sguardo, ma anche la capacità di cercare il bello attorno a sé.
Quanti di coloro che sono passati per la stazione Cadorna in un normale giorno settimanale si sono soffermati ad osservare le sculture colorate sulla piazza? Queste strutture, progettate proprio da Gae Aulenti, fanno parte della triade “Ago, filo e nodo”. Attraverso i tre colori delle linee metropolitane esistenti all’epoca, simboleggiano la fretta di una città che non si ferma mai.
Interfacciarsi con la figura di Gae Aulenti significa comprendere una Milano diversa. Rendere speciali luoghi quotidiani, dandogli valore tramite l’immensa arte poliedrica di un’artista che non ha mai smesso di credere nella cultura come mezzo di comunicazione.
Gae Aulenti, l’architetta visionaria che ha ridisegnato Milano
Di Gatana Emilia Aulenti, nata nel 1927, non se ne sente parlare molto: fatta eccezione per una delle piazze più famose del capoluogo lombardo. Questo nome sarebbe estraneo perfino a chi, a Milano, ci vive da sempre. Non è con sorpresa, dunque, se gli articoli in rete riguardo questa mostra, parlano più degli uomini che ruotavano accanto alla figura dell’architetta, che dell’architetta stessa.
Gae Aulenti, conosciuta nella Milano della sua epoca come “la Gae”, a questo mondo di soli uomini ci era abituata, ma andava avanti (come disse lei stessa) “facendo finta di niente”. In sessant’anni di carriera non smise mai di spaziare ed innovare. Passando dal disegno a scala urbana, all’exhibition design, dall’architettura di paesaggio alla progettazione di interni, dal furniture design alla grafica.
La mostra a lei dedicata presso la Triennale di Milano, fino al 12 gennaio 2025, vuole non solo raccogliere le più grandi opere dell’artista ma anche, e soprattutto, renderne un ritratto intellettuale più fedele possibile. Un ritratto ricco di spunti e di richiami al Novecento.
Laureatasi al Politecnico di Milano, Gae Aulenti inizia la sua carriera collaborando con la rivista di settore “Casabella Continuità”, che lascia nel 1965. Lo stesso anno in cui si farà conoscere per la lampada da tavolo a Pipistrello disegnata per lo show-room di Olivetti, per cui progetterà, poco dopo, uno dei suoi lavori più famosi: lo show-room di Buenos Aires.
Definita come tenace, visionaria ed indipendente, Gae Aulenti amava vedere la sua architettura come strettamente connessa all’ambiente circostante. Collaudando un proprio modus operandi basato su di un approfondito studio degli ambienti in cui realizzava i suoi progetti, così da creare continuità e sintonia. Forse fu proprio per questo motivo che nel teatro trovò un ambiente fertile per la sua espressione artistica. Poiché ogni scenografia doveva riflettere intrinsecamente le storie rappresentate in scena.
Un viaggio poliedrico tra architettura, arte e teatro
In questa mostra “dedicata specialmente a chi ama poesia e letteratura”, come affermato dal curatore Giovanni Agosti, ma che saprà parlare a tutti gli interessati, viene esaltata l’idea di Gae Aulenti di non specializzarsi in qualcosa ma di rimanere poliedrica e inseguire il naturale cambiamento umano che coincide con l’armonia. L’allestimento è stato realizzato da Tspoon, studio di progettazione architettonica urbana.
Gli ambienti, pensati da Nina Artioli, nipote dell’architetta, sono in scala 1:1 con lo scopo di sorprendere e disorientare lo spettatore. Alcune installazioni sono state riprodotte fedelmente e minuziosamente, come lo store Olivetti di Buenos Aires. Mentre, in altri casi, come per gli ambienti della concessionaria Fiat di Zurigo, sono stati ricreati in miniatura.
La prima opera che accoglie lo spettatore è “L’arrivo al mare”. Un omaggio a Pablo Picasso in cui l’Aulenti ricreò uno scenario marino in occasione della tredicesima Esposizione Internazionale del 1964. Un rullo ricrea il movimento delle onde, mentre due sagome tratte dal dipinto “La Course” del pittore franco-spagnolo, corrono spensierate verso il mare.
La mostra è strutturata in tredici stanze che vogliono ricreare altrettante tappe di un viaggio all’interno dell’opera dell’artista. Tra le più significative spicca sicuramente l’installazione dello show-room Olivetti. Azienda che giocherà un grande ruolo nel successo di Gae Aulenti, allestita a Buenos Aires nel 1968. Oltre alla presenza nell’ambiente della famosa lampada King Sun in alluminio e perspex, l’architetta diede vita ad un gioco di luci e specchi interrotto solo dalle scaffalature che ospitavano le celebri macchine da scrivere.
Altra installazione da ricordare è senz’altro quella progettata per il concessionario Fiat di Zurigo nel 1973. Qui Gae portò il movimento del traffico all’interno dei locali Fiat. Grazie a una struttura a forma di rampa inclinata su cui si alternavano automobili in movimento.
Da un incontro fortuito con il regista Luca Ronconi nacque una fortunata collaborazione che porterà Gae Aulenti ad avvicinarsi al mondo del teatro. Senza poterlo più lasciare, data la grande affinità che riscontrò con questo settore, tanto da approdare al teatro della Scala di Milano nel 1994. Qui curò le scenografie, particolarmente crude e impattanti, dello spettacolo “Elektra”.
Altre installazioni tra le più acclamate sono sicuramente quelle della stazione metropolitana di Napoli Piazza Cavour. La grandiosa realizzazione degli interni del Musée d’Orsay a Parigi, l’Aeroporto di Perugia, e la Grande mostra di Christo presso la Rotonda della Besana.
Durante tutta la mostra è possibile non solo ammirare le molteplici opere dell’architetta e la vastità di discipline alle quali si avvicinò, percorrendo un cammino di evoluzione continua, ma anche entrare in punta di piedi in un piccolo “dietro le quinte” della sua vita. Un intreccio tra pubblico e privato, tra vita personale e professionale, attraverso diari, agende, taccuini, che ci regalano un ritratto dell’essenza di questa grande donna.
L’anima nascosta dietro l’artista
Di molti artisti, spesso, rimangono le opere, ma non sempre rimane la consapevolezza e la conoscenza di quanto essi volessero realmente trasmettere tramite il loro lavoro. Ne della personalità che li ha certamente condotti ad effettuare determinate scelte di vita. In questa mostra di Gae Aulenti pubblico e privato si intrecciano, senza mai infrangere la sottile linea della riservatezza e del rispetto. Mostrando, così, un lato più vero ed intimo che ci farà vivere Milano in modo più consapevole, allenando la nostra capacità di guardare e non solo vedere distrattamente.
In occasione della mostra su Gae Aulenti, Triennale Milano le ha dedicato tre episodi del suo podcast, da ascoltare prima, dopo o durante la visita. In ogni episodio una personalità diversa tra la cerchia di amici e colleghi dell’architetta raccontano diversi aspetti della sua vita e della sua arte.
Il podcast, i biglietti di ingresso e tutte le informazioni utili sono disponibili sul sito ufficiale di Triennale Milano.