Marina Spadafora: fashion with a mission 

Conosciamo Marina Spadafora, esperta e consulente di moda sostenibile e coordinatrice del dipartimento di Fashion Design all’Accademia del Lusso

Marina ha costruito la sua carriera con una visione chiara: dimostrare che la moda può (e deve) essere un motore di cambiamento sociale e ambientale. Con lei parleremo di sostenibilità, uno dei temi più discussi e decisivi nel panorama contemporaneo. Un universo che ha portato grandi innovazioni ma anche nuove sfide per aziende, designer e consumatori. E proprio per questo è fondamentale che anche le nuove generazioni comprendano autenticamente cosa significhi fare moda sostenibile, soprattuto nei primi approcci alla formazione accademica. 

A. Ciao Marina. Ci parleresti del tuo percorso professionale e di come la causa sostenibile sia diventata parte integrante del tuo lavoro? 

M. Certamente. Nasco come come designer e ho avuto anche un mio brand omonimo per circa dieci anni nei meravigliosi Novanta.  Nel tempo ho presentato le mie collezioni alla Milano Fashion Week aprendo anche diversi negozi a Firenze e nella capitale meneghina. Dopo questa bellissima parentesi sono diventata consulente per diversi brand del lusso come Senior Designer Consultant. Prima per Ferragamo poi per Prada e Miu Miu ed infine più recentemente per Marni e Aspesi.

E proprio durante questo percorso nel lusso mi sono resa conto che il mio lavoro non mi bastava più. Avevo infatti degli obbiettivi molto più alti dal punto di vista morale e desideravo fare qualcosa che mi somigliasse. Attraverso la mia professione sognavo di “cambiare il mondo”. Un desiderio così forte che difatti si è realizzato grazie all’arrivo di diverse proposte di moda sostenibile che si sono trasformati in progetti di vita. Il più importante, quello con Alto Mercato, si è protratto per circa otto anni. In questo periodo, investendo il ruolo di Direttrice Creativa, ho lavorato al fianco di artigiani provenienti da tutto il mondo. Un’esperienza meravigliosa soprattutto di scoperte di nuove realtà che mi ha fatto diventare un punto di riferimento per i brand intenzionati ad aprirsi al sostenibile.

Ho collaborato con Pinko, Moschino e molti altri brand che volevano abbracciare la sostenibilità attraverso piccoli progetti come collaborazioni o capsule. Ad oggi continuo il mio percorso con numerosi progetti. Ho scritto un libro “La rivoluzione comincia dal tuo armadio” e sono coordinatrice nazionale di “Fashion Revolution”. Quest’ultimo è un movimento che promuove la sostenibilità sociale. Adesso il mio obbiettivo principale è quello della divulgazione, educazione e anche promozione di leggi. Sia presso il governo italiano che in Unione Europea affinché l’industria possa davvero diventare sostenibile. 

A. In che modo la formazione nel campo della moda sostenibile può aiutare i giovani a entrare nel mercato del lavoro e a generare un impatto positivo e duraturo?

M. Come coordinatrice del dipartimenti di Fashion Design in Accademia del Lusso io fornisco le linee guida a tutti i professori. Chiedo soprattutto di inserire concetti di sostenibilità in tutte le discipline. Ad esempio, nel corso di modellistica e taglio e cucito ho chiesto ai professori di inserire lo “Zero waste pattern making”. Ovvero realizzare cartamodelli che non creino sprechi di tessuto nel momento del taglio e della confezione del capo. I famosi “cascami” rappresentano il 15% dei tessuti tagliati ogni anno. Uno spreco enorme per la realizzazione di abiti molto belli. In questo modo i ragazzi che vengono a studiare in Accademia possono imparare i nuovi concetti di sostenibilità che rappresentano delle leggi ben precise.

Nel 2019 insieme a sessanta organizzazioni non governative abbiamo fatto una proposta di legge al Parlamento Europeo chiamato “Fair and Sustainable Textiles”. È diventata legge nel 2022 ed è la nuova strategia europea per il tessile sostenibile circolare. Quest’ultima diventerà legge in tutti i paesi europei entro 2030. Chi studia e sa quali sono i pre-requisiti per poter rispettare queste regole ha un vantaggio enorme su chi non lo sa. Noi vogliamo formare i ragazzi affinché sappiano che il “Mandatory Eco Design” è la prima regola di questa legislazione. Ovvero realizzare capi soltanto con una fibra che possa essere riciclata. Oppure capi che possano essere riparati e che dunque siano di buona qualità.

C’è un enorme problema di spreco in quanto in un anno vengono realizzati 100miliardi di capi su 8 miliardi di popolazione. La maggior parte di quest’abbigliamento viene buttato e l’80% di questi è realizzato in fibre sintetiche che impiegheranno 200 anni a smaltirsi. Il 90% dei capi vengono buttati via a causa delle zip. Un dettaglio che richiede dunque qualità. Tutti questi concetti vengono insegnati ai nostri studenti di Accademia così che, in futuro, potranno trovarsi preparati difronte queste normative.

A. Oggi la sostenibilità nella moda è un tema centrale. In che momento di svolta ci troviamo e cosa distingue la moda sostenibile di oggi da quella di qualche anno fa?

M. È molto importante che oggi la moda sostenibile non sia più un desiderio ma un dovere. Avendo questa nuova legislazione la sostenibilità è protetta, controllata e deve diventare la norma. In passato la sostenibilità era semplicemente un’azione virtuosa che facevano in pochi per cercare di aiutare l’ambiente e le persone. Non rappresentava qualcosa richiesto per legge a tutti i brand di moda. Oggi invece la sostenibilità è un dato di fatto.  

A. Uno dei problemi più discussi è il greenwashing. Puoi spiegarci in cosa consiste e come influisce sulle scelte dei consumatori e sulla credibilità delle aziende?

M. Il greenwashing è un po’ come il telemarketing. A chi compra un capo d’abbigliamento io consiglio sempre di consultare diverse app come “Good on You”. Queste ultime sono molto utili per capire se un brand è davvero sostenibile o sta praticando greenwashing. A quel punto è la tua coscienza che ti dirà “voglio finanziare questa realtà”. Ogni volta che spendiamo i nostri soldi votiamo per il mondo che vogliamo, non solo per noi ma anche per le generazioni future.

Fare shopping è un vero atto politico. Oggi infatti dobbiamo essere consapevoli che abbiamo un potere enorme; ovvero quello di finanziare o meno le grandi aziende, proprio come si finanzia un partito. Un errore madornale che apparitene alle nuove generazioni è quello di cercare di colmare i vuoti esistenziale con beni di consumo. Ma questo vuoto è impossibile da colmare e così, dopo qualche giorno, si torna ad acquistare. Io suggerisco di colmare queste mancanze con una bella lettura o un po’ di spiritualità ma non comprando una t-shirt da cinque euro. 

A. Guardando al futuro, quali sono le sfide più grandi che l’industria deve affrontare per raggiungere una reale sostenibilità? E come pensi che possano essere superate?

M. La sfida principale di cui nessuno parla è la sovrapproduzione. Rispetto al 2000, oggi produciamo il 400% in più di abbigliamento.  La vera challenge è quella di produrre di meno con più qualità e in maniera sostenibile. Le aziende dunque devono affrontare un cambiamento sistemico con le loro operazioni. Cambiamenti semplici per i brand più piccoli o per gli emergenti ma molto più complicati per le realtà già affermate in grandi gruppi.

Fra per le tre P fondamentali (Persone, Pianeta, Profitto) in passato queste aziende hanno guardato solo al profitto. Ma questo non è più possibile. Per cui il cambiamento sistemico andrà affrontato autenticamente e non soltanto tramite piccole operazioni come le capsule sostenibili che poi non torneranno nella stagione successiva. Ecco un esempio di greenwashing che non richiede continuità come la sostenibilità. L’obbiettivo è di proporre sempre più capi sostenibili ai clienti sino ad arrivare al 100% di produzione green. Una bella sfida ma che va necessariamente affrontata.  

A. E infine, tornando alla domanda da cui siamo partiti: dopo tutto quello che ci siamo detti — le sfide, i cambiamenti, le opportunità — secondo te “Studiare moda oggi ha senso?” Cosa diresti a un giovane che sogna di entrare in questo settore ma teme che non ci sia più spazio?

M. Io dico sempre che “la bellezza ci salverà” e la moda crea bellezza. Quindi studiare qualcosa di creativo, credo che sia qualcosa di meraviglioso. Abbiamo davvero la possibilità di cambiare il mondo attraverso la moda. Chiamo quello che faccio “Fashion with a mission”. Quindi dobbiamo far capire ai ragazzi che oltre a creare capi meravigliosi la loro creatività potrebbe cambiare davvero il sistema.

La moda da lavoro a più di settanta milioni di persone e fino a qualche anno fa era la seconda industria più inquinante al mondo. Se riuscissimo, con questo lavoro corale e con le nuove generazioni, a rendere il fashion system più sostenibile rappresenteremmo un esempio per le altre industrie. È fondamentale perché tutti dobbiamo vestirci. Per cui perché non vestirci bene con qualcosa di bello ma che sia sopratutto sostenibile?  

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Nov 7, 2025

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