«Il poeta morì lontano dal focolare. Lo copre la polvere di un paese vicino. Allontanandosi lo viderono piangere.» «Viandante non esiste il sentiero, il sentiero si fa camminando…» (Caminante, Antonio Machado)
Oltre i confini: una riflessione sul viaggio e il nomadismo moderno.
La storia dell’uomo e quella del viaggio sono da sempre collegate con un filo che, ciclicamente, si spezza lasciando posto alla sedentarietà, per poi ricominciare a seguire rotte e percorsi che portano gli individui a spostarsi nel mondo, in cerca di qualcosa di migliore o, semplicemente, diverso.
In tempi moderni il viaggio ed il concetto di “nomadismo” hanno subito moltissime variazioni e, complice la globalizzazione, l’antico detto “tutto il mondo è paese” è, in un certo senso, diventato realtà.
Una narrazione a lieto fine, senza ombra di dubbio, quella che vede le persone potersi spostare liberamente nello spazio, da un luogo all’altro, scegliendo quello che più le aggrada. Peccato che, le cronache attuali, raccontino tutt’altra verità: tra migrazioni causate da conflitti, cambiamento climatico, povertà, turismo di massa orientato più al “consumare” un luogo che viverlo effettivamente, e nomadismo digitale con conseguente gentrificazione di numerose città e paesi, lo spazio per un finale felice rimane ben poco.
In questo scenario poco rassicurante, l’artista di origine russa Kuril Chto presenta la sua esposizione “Under Jove’s protection”, durante la biennale di Venezia, paradossalmente una delle città più vittime del proprio successo e della storia millenaria che ha la fortuna di vantare.
La sedia Monbloc, simbolo di ospitalità e vettore di un’amara critica sociale.
Kuril, classe 1989, vive tra Lisbona e New York, ed è un artista multidisciplinare che si esprime tramite disegno, disegno digitale, pittura, ceramica, scultura e performance, mettendo in scena i drammi e grandi interrogativi del nostro tempo, trovando sempre spazio per quell’ironia che tanti millennials conoscono, dettata dai social media, dai meme ma anche, inevitabilmente, da un sentimento comune di disillusione.
L’esposizione, patrocinata dalla galleria d’arte itinerante per artisti emergenti Banhof Gallery, è curata da Valentin Diakonov, e vede come grande protagonista l’intramontabile sedia monobloc. Un oggetto piuttosto comune, all’apparenza, che racchiude in se lo spunto per una riflessione molto più profonda, che trascende il puro scopo dell’utilità, lasciando il posto ad una velata critica sociale. La sedia, complemento d’arredo quasi indispensabile non solo in casa, ma anche in locali, giardini e spiagge, diventa il simbolo della casa, dell’ospitalità, delle radici. Chto le conferisce un carattere quasi umano, dando scena ad una personificazione che ricorda Nausicaa, la donna che offrì ospitalità e ristoro ad Omero durante il suo pellegrinare.
Un oggetto banale, dicevamo, che tutti noi diamo sicuramente per scontato ma che, eppure, risulta totalmente assente in tanti racconti che coinvolgono l’essere nomadi, stranieri, migranti. Kuril Chto dunque, indaga la società attuale, creando un ponte di ironia e disincanto tra oggetto ed essere umano, che porta lo spettatore a rimanere quasi alienato, all’intento di uno spazio dominato da un singolo oggetto riproposto in diverse chiavi visive, colori e dimensioni.
Le pareti dello spazio espositivo, il Kunst Depot di Cannaregio, sono tappezzate da immagini di sedie tra le quali risaltano quelle blu Klein, in omaggio all’artista francese ed alle sedie dipinte del suo colore presenti lungo tutta la Promenade des Anglais di Nizza, in costa azzurra.
Per rendere l’atmosfera ancora più surreale, una grande area espositiva è dedicata a tavoli e sedie da spiaggia dove rifugiarsi dal caos della Serenissima. Un’iniziativa, questa, non solo volta a dare sollievo ai visitatori ma anche e soprattutto a spingerli ad una riflessione quasi involontaria sull’evidente privilegio che molti di noi vivono inconsciamente e sulla fortuna di potersi sentire “a casa”.
D’altronde le tematiche controverse sono da sempre terreno fertile per l’arte di Chto, che ha da poco intrapreso un progetto con particolare attenzione nei confronti degli oggetti tecnologici e dei mezzi di trasporto pesanti, ed il potere che essi esercitano sulle persone, anche e soprattuto in situazioni di crisi umanitarie.
L’esibizione, singolare ed a tratti disturbante, è visitabile dal lunedì al mercoledì, dalle 11 alle 19, presso il Kunst Depot di Parrucche ai Biri a Cannaregio.
Photo courtesy CRISTINA GATTI PRESS & P.R. Venezia.