Tra narrativa cinematografica e tecniche di editing avanzate: l’universo di Andrea Jean Varraud.
“Keep an eye on” è un contenitore informale che mette in risalto talenti contemporanei provenienti da molteplici settori. È uno spazio accogliente che unisce creatività e innovazione in un ambiente stimolante e dinamico.
Qui gli artisti emergenti trovano un luogo in cui condividere la loro passione e mostrare la propria identità. L’obiettivo principale del format è quello di mettere in evidenza le personalità più promettenti nel mondo dell’arte, offrendo loro visibilità e la possibilità di far sentire la propria “voce”.
In questo viaggio ci immergiamo nelle complesse evoluzioni dell’estetica di Andrea Jean Varraud, un percorso che abbraccia la concretezza della realtà e l’incanto della sintesi. Sperimentiamo un universo in cui le immagini fungono da ponte tra la nostra realtà e una dimensione irreale. Con determinazione Andrea sfida i confini tra ciò che è reale e ciò che è pura sintesi creando un connubio avvincente tra il tangibile e l’immaginario.
Qual’è stata la tua principale fonte di ispirazione per iniziare a fare fotografia e come hai sviluppato il tuo stile distintivo?
Trovare una principale fonte di ispirazione non è cosa semplice. Credo che molte esperienze abbiano plasmato la mia creatività. Fin da bambino trascorrevo intere giornate a guardare film e sfogliare fumetti. Probabilmente proprio da qui nasce la mia passione per l’arte visiva. Crescendo in un contesto culturale ricco, la fotografia era parte integrante della mia vita grazie a mio padre e alla sua inseparabile reflex.
La svolta cruciale è stata la decisione di studiare styling, che ha ampliato la mia visione nel mondo della moda. Solo dopo diverse esperienze lavorative in agenzie ho abbracciato la fotografia come professione. Il mio stile evolve costantemente, influenzato dal confronto con altri fotografi e dalle tecnologie innovative. Nelle mie opere si riconosce una costante: un’atmosfera straniante e onirica, ottenuta con l’uso intensivo di luce artificiale e editing significativo.
Quali sfide hai incontrato nel corso della tua crescita come fotografo e come le hai superate?
La sfida più ardua è stata superare le insicurezze e la paura del giudizio altrui, comuni nella sfera creativa. Esporre il proprio lavoro è sempre complesso in quanto si rivela una parte di sè. E’ un processo in cui la consapevolezza e la fiducia crescono parallelamente all’avanzare del lavoro.
Dal punto di vista tecnico, ho affrontato difficoltà nel creare schemi di luce desiderati e nell’editing delle foto. Ho trovato soluzioni attraverso approfondimenti, ricerca continua e pratica.
Puoi condividere un progetto fotografico che ritieni sia stato significativo per la tua carriera fino a questo punto e spiegare il contesto e il significato dietro le tue immagini?
Il mio progetto “Natura Sintetica” è ancora in corso ed è particolarmente fondamentale sia dal punto di vista tecnico che concettuale. La raccolta di foto rappresenta still life di fiori trasformati per diventare figure aliene, sfiorando il confine tra naturale e sintetico. L’utilizzo costante di strumenti di editing è diventato un elemento chiave nella mia produzione fotografica.
Personalmente, non ritengo che l’arte debba avere un significato nascosto o intellettuale. Le mie foto spesso nascono da un’atmosfera estetica senza bisogno di spiegazioni complesse. Mi interessa creare mondi in bilico tra il reale e l’irreale.
Photo courtesy Andrea Jean Varraud.
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