Art

James Lee Byars in mostra al Pirelli Hangar Bicocca. 

La mostra è la prima retrospettiva presentata in Italia dalla scomparsa dell’artista ed è un riassunto della sua ricerca coinvolgente spiritualità, misticismo e corporeità.

«Probabilmente uno dei momenti filosofici più importanti è quando si realizza che quasi tutto, per quanto mi riguarda, è un grande interrogativo. O perlomeno, in ogni cosa c’è un un quesito.»  Con queste parole si apre la mostra di James Lee Byars presso il Pirelli Hangar, fondazione no profit nata nel 2004 all’interno di un ex stabilimento industriale della periferia milanese.

James Lee Byars: artista della materia 

James Lee Byars, artista tra i più enigmatici del XX secolo, si è reso celebre per la sua tendenza a mettere in discussione l’esistenza umana e della materia, studiandone le forme e la dissoluzione nello spazio e nel tempo. 

La sua ricerca mette le basi all’interno di una spiritualità antica, che vede la sua nascita nel mondo orientale, da cui l’artista era affascinato. Grazie al suo background in filosofia, arte e psicologia, si è avvicinato al Giappone, studiandolo da più punti di vista e mescolandolo alla filosofia occidentale. 

Il suo essere poliedrico si riflette anche nei differenti modi di esprimere la sua arte, che spazia da scultura, performance al disegno. Tramite queste arti si interroga sull’esistenza umana, sui suoi limiti e sulla sua fine. 

La performance è certamente uno dei metodi di espressione preferiti dell’artista che a più riprese mise in scena diverse opere: in una di esse rimosse tutti i mobili presenti in casa sua, rimanendo seduto su di una sedia per tutto il giorno, in modo da dare valore alla sola presenza nello spazio ed instillare un pensiero critico nella mente degli spettatori. 

Un interpretazione concettuale dello spazio

La mostra al Pirelli Hangar si snoda su tre stanze nelle quali le opere prendono vita spingendo lo spettatore ad interrogarsi sullo spazio e sulla sua finitudine. Due stanze principali ospitano le opere più sceniche, mentre in una terza stanza, più nascosta ed intima, si trovano le lettere dell’autore indirizzate all’amico Maurizio Nannucci, anche egli artista, fornite da quest’ultimo per la mostra, a memoria dell’amicizia e stima che lo legava a Byars. 

Alcune delle opere sono presentate per la prima volta nella loro configurazione originale; ne é un esempio la struttura della colonna dorata “The Golden Tower”, alta circa 21 metri (si tratta dell’opera più imponente dell’artista), nata per essere un monumento dedicato all’intera umanità. Purtroppo il suo desiderio di vederla esposta in un posto pubblico verrà esaudito solo nel 2017, successivamente alla sua scomparsa. 

Per Byars il simbolismo orientale, ma anche quello occidentale, hanno una grandissima importanza all’interno del suo progetto di ricerca. L’influenza della cultura classica si denota nella presenza di figure circolari, tipiche della filosofia antica, mentre l’ispirazione orientale è presente in svariate opere tra cui The Moon Books, nella quale il ciclo lunare è rappresentato tramite sedici fasi, anziché otto, come in alcune culture asiatiche. 

L’ultima stanza è interamente dedicata ad un’unica opera: “Red Angel of Marseille”, realizzata nel 1993, nella quale mille piccole sfere di vetro rosso ricercano una figura antropomorfa di un angelo. La forma della sfera, perfetta eterna per antonomasia, viene abbinata al rosso, colore prediletto dell’artista. Il vetro diventa per Byars il mezzo ideale per esprimere la fragilità e trascendenza della bellezza.

Uno sguardo sull’ignoto 

Gli interrogativi di Byars, la sua ricerca del bello, e i molteplici interrogativi riguardo l’essere umano ed i limiti della sua conoscenza e della sua esistenza, sono il filo conduttore di questa mostra che vi farà dubitare di ciò che fino ad ora davate per scontato.

La mostra, curata da Vicente Todolì, sarà visitabile fino al 18 febbraio 2024 dal giovedì alla domenica dalle 10.30 alle 20.30, l’ingresso è gratuito. 

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Nov 14, 2023

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